Opuscoli

Opuscoli (47)

- La legge dell'entropia è la conseguenza delle prime due leggi della termodinamica:

1a legge: la variazione di energia interna di un sistema è pari alla somma del lavoro e del calore assorbiti dall'esterno. Es. dato un sistema, il valore della sua energia interna tende a conservarsi immutato, una sua eventuale variazione non avviene per creazione di nuova energia o per distruzione di parte dell'energia posseduta, ma per scambio di energia sotto forma di calore o di lavoro con un altro sistema.
La prima legge equivale alla seguente affermazione: ogni sistema possiede un'energia interna che dipende soltanto dallo stato e che può trasformarsi in calore prodotto (o assorbito) e in lavoro fatto (o subito).  In definitiva la 1a legge fissa l'equivalenza fra calore e lavoro e stabilisce che in ogni stadio di una trasformazione l'energia totale si deve conservare, ciò equivale a dichiarare l'impossibilità del "moto perpetuo" nel quale sarebbe possibile produrre lavoro senza consumo di energia. 

2a legge: la trasformazione dell'energia da una forma all'altra avviene in una sola direzione, cioè il processo non è totalmente reversibile. Es. l'esperienza insegna che mentre è possibile trasformare integralmente lavoro in calore, la trasformazione inversa di calore in lavoro è soggetta a limitazioni ben definite: se un lavoro di quantità Q viene trasformato in calore di quantità K, per riottenere la quantità Q di lavoro non è sufficiente la quantità K di calore ma è necessaria una quantità di calore pari a K + K';  l'esperienza insegna pure che il calore passa per conduzione da un corpo A a temperatura più elevata ad un corpo B a temperatura più bassa, non è possibile trovare un dispositivo che faccia passare il calore da B ad A ripristinando alla fine della trasformazione le sue esatte condizioni iniziali (postulato di Clausius).  (da Enc. Europea, voce Termodinamica). 

- La legge dell' ENTROPIA che consegue da queste due leggi dice che ogni volta che l'energia viene  trasformata da uno stato in un altro una parte di essa non è più utilizzabile per eseguire in futuro lavoro di un certo tipo.

- L'ENTROPIA è LA MISURA della quantità di energia che NON E' PIU' POSSIBILE CONVERTIRE IN LAVORO.

- Il termine è stato coniato dal fisico tedesco Rudolf Clausius nel 1868 ma il principio che ne sta alla base era stato riconosciuto quarant'anni prima da un giovane ufficiale dell'esercito francese, Sadi Carnot, che cercava di comprendere i principio di funzionamento di un motore a vapore. Egli scoprì che il motore funzionava perché una parte del sistema era molto fredda e l'altra parte molto calda. in altre parole per poter trasformare energia in lavoro, vi deve essere una differenza nella concentrazione di energia in diverse parti di un sistema. Si ottiene lavoro allorché l'energia si trasferisce da un livello più alto di concentrazione a un livello più basso. Ogni qualvolta l'energia si trasferisce da un livello all'altro resta disponibile una minore quantità di energia per eseguire lavoro in una occasione successiva. Es. l'acqua che da un bacino superiore cade in uno inferiore: quando l'acqua si trova nel bacino superiore è in uno STATO DI ENERGIA DISPONIBILE e rappresenta energia utilizzabile per un lavoro, quando invece si trova nel bacino inferiore è in uno STATO DI ENERGIA NON DISPONIBILE o di ENERGIA VINCOLATA e rappresenta energia non più utilizzabile per un lavoro.

- Un aumento di entropia significa una diminuzione di energia disponibile. Questa energia non disponibile è ciò che generalmente si chiama INQUINAMENTO. Esso è la misura dell'energia non disponibile presente in un sistema, è in sostanza un altro nome dell'ENTROPIA.

- In un sistema chiuso la differenza tra i livelli di energia tende sempre ad annullarsi fino a uno stato di equilibrio. Lo stato di equilibrio è lo stato in cui l'entropia ha raggiunto il massimo, in cui non vi è più energia libera disponibile per eseguire un altro lavoro. Nel mondo l'entropia tende sempre verso un massimo.

- Sulla Terra vi sono due fonti di energia disponibile: a) le risorse terrestri, b) l'energia irradiata dal sole.

a) le risorse terrestri sono di due tipi: 1) quelle rinnovabili in tempi a misura d'uomo, 2) quelle rinnovabili soltanto in tempi geologici che, dal punto di vista dell'uomo, devono essere considerate non rinnovabili. Le risorse terrestri a bassa entropia possono essere classificate in energia e materia.

b) L'energia del sole degrada ogni secondo che passa, ma ai fini umani può ritenersi una fonte illimitata in quanto la sua entropia raggiungerà un massimo molto tempo dopo che le risorse disponibili sulla Terra saranno finite e con esse la vita stessa. Ma se l'energia solare è praticamente illimitata nella quantità totale, è rigorosamente limitata nella velocità e nel modo in cui arriva sulla Terra.

- Entrambe, quindi, le fonti di energia, quella terrestre e quella solare sono limitate.

- Ogni volta che si accende una sigaretta, l'energia disponibile nel mondo diminuisce. Naturalmente è possibile capovolgere il processo entropico in un sistema isolato di tempo e di spazio, ma solo utilizzando altra energia nel processo e quindi aumentando l'entropia totale dell'ambiente.

- Un modo di ridurre l'entropia è il riciclaggio, che sarà essenziale per la sopravvivenza economica del pianeta nel futuro, ma un riciclaggio prossimo al 100% è assolutamente impossibile. Oggi, per es., l'efficienza di riciclaggio dei metalli è in media del 30%, e c'è da considerare pure che per il riciclaggio è necessario utilizzare nuova energia per la raccolta, per il trasporto e la lavorazione dei materiali ciò che aumenta l'entropia totale dell'ambiente.

- Un punto fermo è che sulla Terra l'entropia della materia è in continuo aumento e alla fine raggiungerà un massimo, questo perché la Terra è un sistema chiuso in rapporto all'universo, cioè scambia energia ma non materia con l'ambiente circostante ad eccezione di qualche meteorite occasionale. Il patrimonio fisso di materia terrestre costituito dalla crosta terrestre si sta continuamente dissipando: le montagne sono soggette a disgregazione e il suolo superficiale viene spazzato via ogni secondo. Questo è il motivo per cui a lungo termine le risorse rinnovabili sono in realtà NON RINNOVABILI.

- La vita e la morte di nuovi organismi aumenta l'entropia sulla Terra e questo significa che esiste una quantità sempre minore di materia disponibile per il dispiegarsi della vita in futuro.

- Anche il suolo agricolo, al pari di qualsiasi altra cosa, fa parte del flusso entropico. Esso ha origine dalle formazioni rocciose e dal deposito di sostanze organiche: molta parte di esso finisce dispersa sotto forma di polvere nel vento o come fango trascinato in mare dalle acque. L'entropia del suolo superficiale è un fenomeno ricorrente e assolutamente reale, anche per esaurimento delle sostanze minerali e organiche contenute in esso. E vero che la materia torna in ciclo (prima legge), ma è anche vero che ad ogni passaggio di stato una parte di essa degrada ed esce fuori dal ciclo (seconda legge); il riciclo non raggiunge mai il 100% ma una misura molto minore.

- L'entropia in un sistema isolato è anche passaggio da uno stato ordinato a uno stato disordinato. Lo stato di massima entropia è anche lo stato di maggiore disordine. Questo concorda con l'esperienza quotidiana: le cose lasciate a sé stesse tendono ad andare verso stati sempre più disordinati, per riportare le stesse cose in uno stato di ordine è necessario utilizzare nuova energia. Ciò significa che ogni diminuzione localizzata di entropia dall'uomo o da una macchina è accompagnata da un aumento ancora maggiore di entropia dell'ambiente.

 

 

- Nel corso della storia gli uomini hanno sentito la necessità di costruire una struttura di riferimento per organizzare le attività vitali; cioè un ordine per spiegare i come e i perché dell'esistenza quotidiana: UNA CONCEZIONE DEL MONDO. Ogni epoca della storia è contraddistinta da una concezione del mondo. 

La concezione greca

- Per i Greci la storia era un processo di continua degradazione. Nella mitologia greca la storia è rappresentata in cinque fasi successive, ognuna delle quali è più degradata e più rozza rispetto alle precedenti. Il poeta greco Esiodo descrive queste età come l'età dell'oro, dell'argento, del bronzo, degli eroi e del ferro. L'età dell'oro rappresenta l'apice: un periodo di abbondanza e di realizzazione. Le età successive rappresentano un graduale degradamento. Il cammino della storia è dunque uno scivolamento dall' ordine al disordine, dall'unità alla molteplicità, dall'armonia iniziale al caos finale (da ricordare anche la teoria di Empedocle dello sfero primigenio che degrada fino al caos finale ad opera dell'odio; la teoria di Platone del mondo ideale che degrada fino al mondo sensibile; ecc.). 

La concezione cristiana 

- Già nell'Antico Testamento si suppone l'esistenza originaria di un paradiso terrestre, regno dell'abbondanza, della felicità, in cui tutto è perfetto, e il successivo passaggio a tempi più duri di privazioni, sofferenze e fatica. Il Cristianesimo eredita dalla cultura ebraica questa concezione integrandola con la previsione della fine catastrofica del mondo. Per il cristiano la storia ha inizio con la creazione di un mondo perfetto che va degradandosi nelle epoche successive fino alla catastrofe finale. Il cristiano vede la storia come una continua lotta in cui le forze del male continuano a seminare il caos e la disintegrazione  nel mondo terreno. 

La concezione meccanicistica 

- Nel 1750 alla Sorbona l'insegnante di storia Jacques Turgot tenne una serie do lezioni su un nuovo concetto di storia: contestò Platone, Aristotele, S.Paolo, S.Agostino e tutti i grandi intellettuali del mondo antico e medioevale. Respinse sia la natura ciclica della storia dei greci, sia il concetto di degradazione continua. Sostenne che la storia procede in linea retta e che ogni fase storica successiva rappresenta un progresso rispetto a quella precedente. Egli riteneva che se anche il progresso non è costante a volte arrestandosi o arretrando, tuttavia la storia si manifesta come un progresso complessivo verso la perfezione della vita.
- L'era moderna è l'era delle macchine. I valori più importanti sono la precisione, la velocità e l'accuratezza. La nostra vita quotidiana è regolata da una macchina: l'orologio; comunichiamo con gli altri per mezzo di macchine: telefono, telescrivente, telefax, ecc.; apprendiamo e riceviamo informazioni per mezzo di macchine: calcolatrice, cervello elettronico, televisore, ecc.; viaggiamo per mezzo di macchine: automobile, treno, aereo, ecc.; vediamo grazie a una macchina: la lampada elettrica. La macchina è il nostro modo di vivere e la nostra concezione del mondo si riduce a una macchina. Vediamo l'universo come una macchina perfettamente congegnata e dal movimento perfetto.
- Gli artefici di questa concezione sono Bacone, Cartesio, Newton, Galilei.
- Bacone cambia la prospettiva della scienza: scopo della conoscenza scientifica non è di contemplare la natura, ma di FORNIRE ALLA VITA UMANA NUOVE SCOPERTE e NUOVI POTERI.
- Cartesio ha l'idea che la chiave per la comprensione del mondo e per decifrarne i segreti nascosti e sfruttarli ai fini dell'uomo è la MATEMATICA.
- Newton scopre le tre leggi della meccanica della natura: 1) la permanenza dello stato di quiete o di moto di un corpo in assenza di forze esterne che lo possano disturbare, 2) la proporzionalità fra la forza applicata e l'accelerazione conferita ad un corpo, 3) la contrapposizione ad ogni forza di una forza di reazione uguale ed opposta.
- Galilei scopre le leggi del moto ed interpreta matematicamente e meccanicamente le leggi della fisica. 

- L'energia per sua stessa natura non può sussistere staticamente, la sua intrinseca dinamicità ne provoca la continua trasformazione. Questa trasformazione avviene in una sola direzione: da uno stato di energia utilizzabile ad uno stato di energia non più utilizzabile, da uno stato di "ordine" ad uno stato di "disordine". L'ENTROPIA è una misura del grado con cui l'energia disponibile viene trasformata in una forma non più disponibile. L'entropia è l'aumento dell'energia non più disponibile.

- Ogni cosa è soggetta a degrado, a invecchiamento, a rovina. Questa sembra essere una legge generale del mondo, delle cose sia naturali che artificiali, degli esseri viventi. Il mondo naturale cambia degradandosi: il suolo, le montagne, le coste sono erose dagli agenti atmosferici, dai fiumi, dal mare; l'atmosfera, il mare e il suolo stesso sono soggetti ad inquinamento e diventano sempre più inospitali per gli esseri viventi, dei quali, quelli non riescono ad adattarsi alle peggiorate condizioni si estinguono; i deserti avanzano, le terre coltivabili perdono gradualmente l'humus e diventano improduttivi; le opere dell'uomo: case, monumenti, strade, ponti, i mobili, gli arredi, i mezzi di trasporto, ecc. invecchiano, hanno bisogno di continua manutenzione e di restauri, e, se abbandonati a sé stessi, vanno in rovina più o meno rapidamente; gli stessi esseri viventi dopo il periodo della crescita e dello sviluppo cominciano ad invecchiare, a perdere efficienza in un continuo declino, rallentato solamente dalle cure, fino alla morte.

- L'uomo si è sempre chiesto il perché di tutto questo cercando le risposte nella filosofia e trovandone spesso la spiegazione in miti di natura poetica o religiosa esprimenti anche un'ansia e un anelito di  redenzione e di liberazione. Solo di recente la scienza ha fornito una spiegazione valida e convincente senza tuttavia fugare le paure e senza appagare i desideri dell'uomo.

- La spiegazione sta nella seconda legge della termodinamica.

Pur conosciuta fin dalla scoperta delle leggi della termodinamica, solo nella seconda metà del 1900 l'Entropia è divenuta oggetto di approfondimenti, di studi e riflessioni per l'urgenza imposta dalle ricorrenti crisi energetiche, per la diminuzione delle risorse, per l'aumento vertiginoso dei loro costi, per il crescente degrado ambientale, per i sempre più gravi problemi di smaltimento dei rifiuti e altro ancora. Proprio per questo l'Entropia, inizialmente oggetto di studio solo da parte della Fisica ha cominciato ad interessare la Filosofia, l'Economia, la Società, l'Etica, la Politica e la vita di tutti i giorni.   

Formulata da Albert Einstein nel 1905 a Berna, la Teoria della Relatività ristretta ha per oggetto i concetti di Spazio e di Tempo e la loro relazione. Fino al 1905 si riteneva che Spazio e Tempo fossero delle realtà immutabili e fisse. Einstein invece intuì che fossero delle misure variabili in dipendenza della velocità del sistema (laboratorio) di riferimento: una barra che si muove nel sistema A se misurata da un osservatore che si trova nello stesso sistema A risulta di lunghezza l, se misurata invece da un osservatore che si trova nel sistema B, in movimento rispetto ad A, risulta di lunghezza l' inferiore a l, più o meno più corta in dipendenza della velocità del sistema B: maggiore è la velocità, minore è la lunghezza della barra; un evento che si svolge nel sistema A se misurato da un osservatore che si trova nello stesso sistema A risulta di durata t, se misurato invece da un osservatore che si trova nel sistema B, in movimento rispetto ad A, risulta di durata t' inferiore a t, in dipendenza della velocità del sistema B; maggiore è la velocità, minore è la durata dell'evento.  

Nel cielo ci sono stelle la cui distanza da noi è tale che un raggio di luce di una di loro raggiunge la Terra in quarant'anni. Poiché sappiamo fin d'ora che è impossibile muoversi a velocità maggiori di quella della luce, dovremmo concludere che è impossibile raggiungere una di queste stelle in meno di quaran­t'anni. Ma questa deduzione è sbagliata, perché non tiene conto di come cambia il tempo in rapporto al moto.
Supponiamo di volare verso la stella in un razzo di Einstein con una velocità di 240.000 chilometri al secondo. Per chi sta sulla Terra raggiungeremo la stella in 

300.000 x 40 : 240.000 = 50 anni. 

Ma se stiamo volando nel razzo di Einstein a quella velocità, questo tempo sarà diminuito nel rap­porto da 10 : 6. Perciò noi raggiungeremo la stella non già in 50 anni, ma in 

6/10 x 50 = 30 anni. 

Aumentando la velocità del razzo di Einstein e rendendola sempre più vicina, a quella della luce, noi possiamo abbreviare a piacimento il tempo necessario ai viaggiatori per raggiungere quella stella. In teoria, volando sufficientemente veloci potremmo raggiun­gere la stella e ritornare sulla Terra persino in un mi­nuto! Tuttavia sulla Terra saranno sempre trascorsi ottant'anni  qualsiasi cosa facciamo.        
Sembra quasi di intravedere la possibilità di un prolungamento della vita umana, anche se soltanto dal punto di vista degli altri, perché ognuno di noi invecchia secondo il « proprio » tempo. Sfortunata­mente un piú attento esame ci dimostra che la nostra speranza è ben lungi dall'essere promettente.
In primo luogo l'organismo umano non può sop­portare a lungo accelerazioni molto superiori a quella della gravità terrestre. Per raggiungere una velocità prossima a quella della luce, sarebbe perciò necessa­rio un tempo molto lungo. Secondo i calcoli, in un viaggio della durata di sei mesi con un'accele­razione uguale alla gravità si guadagnerebbero soltanto sei settimane. Se però si allunga il per­corso, il tempo guadagnato aumenterà rapidamen­te. Viaggiando per un anno in un razzo si guadagnerà un anno e mezzo e in un viaggio della durata di due anni se ne guadagnerebbero ventotto. Se poi si potes­se stare tre anni in un razzo, sulla Terra sarebbero trascorsi piú di 360 anni!
Le cifre sembrano incoraggianti.
Ma le cose non vanno altrettanto bene per il con­sumo di energia. Con un razzo da una tonnellata, peso molto modesto, l'energia necessaria per volar alla velocità di 260.000 chilometri al secondo (che è la velocità necessaria a « raddoppiare » il tempo, in modo che ad ogni anno di viaggio nel razzo ne corrispondano due sulla Terra) è di 250.000.000.000.000 kilowattora. Questo equivale all'ammontare complessivo dell'energia prodotta sulla Terra durante parecchi mesi.
Ma abbiamo calcolato soltanto l'energia del razzi: in volo. Non abbiamo tenuto conto che prima dobbiamo portare la nostra macchina volante alla velocità di 260.000 chilometri al secondo! E alla fine del viaggio il razzo dev'essere frenato e rallentato per poter atterrare con un buon margine di sicurezza. Per tutto questo quanta energia è necessaria?
Anche se avessimo un combustibile capace di produrre un getto propellente della piú grande velocità possibile, la velocità della luce, l'energia dovrebb'essere 200 volte maggiore di quella precedentemente calcolata. Dovremmo poter consumare tanta energia, quanta è prodotta dall'intera umanità in parecchi decenni. Le velocità degli attuali propellenti sono decine di migliaia di volte inferiori alla velocità della luce. Il consumo di energia necessario per il nostro volo immaginario diventa perciò fantasticamente grande.

 

Riprendiamo il treno.
Davanti a noi c'è una lunghissima linea ferro­viaria sulla quale corre il treno di Einstein. Ci sono anche due stazioni distanti tra loro 864.000.000 di chilometri. Per coprire questa distanza il treno di Einstein impiegherà un'ora, dato che la sua velocità   è di 240.000 chilometri al secondo.
In ognuna di queste due stazioni c'è un orologio. Alla prima stazione un passeggero sale sul treno e prima della partenza regola il suo orologio con quello­ della stazione. Quando arriva alla seconda stazio­ne, egli nota con stupore, che il suo orologio va indietro. Eppure l'orologiaio gli aveva garantito che l'oro­logio era in perfetto ordine.
Che cosa è successo?
Per capirlo immaginiamo che il passeggero diri­ga verso il soffitto un raggio di luce di un riflettore fissato al pavimento del vagone. Sul soffitto c'è uno specchio, dal quale il raggio di luce viene rinviato di nuovo al riflettore. Il percorso del raggio di luce visto dal passeggero nel vagone è tracciato nella metà superiore della figura 15. Questo percorso ha però un aspetto ben diverso per chi lo osserva dal marcia­piede. Mentre il raggio passa dal riflettore allo spec­chio, lo specchio si muove, perché si muove il treno e mentre il raggio torna indietro il riflettore si sarà di nuovo spostato della stessa distanza. Perciò per l'osservatore sul marciapiede il raggio di luce avrà percorso una distanza maggiore che per 1'osservatore sul treno. D'altro lato sappiamo che la velocità della luce è una velocità assoluta e quindi identica per i viaggiatori sul treno e per chi aspetta il treno sotto la pensilina. Siamo quindi costretti a concludere che alla stazione tra la partenza e il ritorno del raggio di luce è trascorso piú tempo che sul treno!
È semplice calcolare il rapporto fra questi tempi.
Supponiamo che per l'osservatore sotto la pensilina siano trascorsi dieci secondi tra la partenza e il ri­torno del raggio. Durante questi dieci secondi il rag­gio ha attraversato 

300.000 x 10 = 3.000 000 chilometri. 

Ne risulta che i lati  AB e BC del trian­golo isoscele ABC misurano ciascuno 1.500.000 chi­lometri. Il lato AC è ovviamente uguale alla distan­za percorsa dal treno in 10 secondi, cioè 

240.000 x 10 = 2.400.000 km. 

A questo punto è facile determinare l'altezza del vagone, che è l'altezza BD del triangolo ABC.

Ricordiamoci che in un triangolo retto il qua­drato dell'ipotenusa (AB) è uguale alla somma dei quadrati degli altri due lati (AD e BD). Dall'equa­zione 

AB' = AD'+ BD' 

troviamo che l'altezza del vagone è 

BD= √ (AB2 – AD2) = √(1.500.0002  - 1.200.0002)   = 900.000 

chilometri. Una bella altezza, ma non sorprendente, se si pensa alle dimensioni astronomiche del treno di Einstein.

Il percorso di andata e ritorno del raggio dal pa­vimento al soffitto, osservato al passeggero è naturalmente il doppio di questa altezza, cioè 

2 x 900.000 = 1.800.000 

chilometri. Per percorrere questa distanza la luce impiega 

1.800.000 : 300.000 = 6 secondi. 

Gli orologi restano sistematicamente indietro.
Così, mentre alla stazione erano passati dieci se­condi, nel treno ne erano trascorsi soltanto sei. Se per l'orologio della stazione il treno era arrivato un'ora dopo la partenza, per l'orologio del passeggero erano invece trascorsi soltanto

60 x 6/10 = 36 minuti.

Perciò l'orologio del passeggero in confronto a quello della stazione aveva perso 24 minuti.
Non è difficile capire che il ritardo dell'orologio aumenterà con la velocità del treno.
Piú questa si avvicinerà alla velocità della luce, piú la lunghezza del lato AD, che rappresenta il tratto percorso dal treno, sarà vicina all'ipotenusa, che rap­presenta il cammino percorso dal raggio di luce du­rante il medesimo tempo. Analogamente diminuirà il rapporto tra il lato BD e l'ipotenusa. Ma questo è proprio il rapporto fra i tempi trascorsi sul treno e alla stazione. A mano a mano che riusciamo ad avvi-cinare la velocità del treno a quella della luce, possia­mo ridurre a nostro piacimento il tempo, misurato sul treno, corrispondente a un'ora secondo l'orologio della stazione. Se la velocità del treno fosse 0,9999 volte la velocità della luce, un'ora misurata alla sta­zione passerebbe in un minuto nel vagone!
Cosí ogni orologio in moto resterà indietro se con­frontato con un orologio in stato di riposo. Ma questo risultato non contraddice il principio di relatività del moto che era il nostro punto di partenza?
Tutto questo significa forse che l'orologio che va piú avanti di tutti è in uno stato di riposo assoluto?
No, perché noi abbiamo confrontato l'orologio sul treno con gli orologi delle stazioni in condizioni del tutto disuguali. Abbiamo usato non due, ma tre orologi. Il passeggero confrontava il suo orologio con due orologi diversi alle due diverse stazioni. Analo­gamente, se ci fossero stati due orologi fissati uno in testa e l'altro in coda al treno, un osservatore sotto la pensilina confrontando le indicazioni dell'orologio della stazione con l'ora degli orologi visti attraverso i finestrini del treno in corsa, scoprirebbe che 1'orologio della stazione va sistematicamente indietro.
In questo caso infatti - dato il moto rettilineo e uniforme del treno relativamente alla stazione - sia­mo autorizzati a considerare il treno a riposo e la sta­zione in moto. In entrambi i casi le leggi della natura devono essere le stesse.
Qualsiasi osservatore a riposo relativo secondo il suo orologio vedrà gli altri orologi che si muovono rispetto a lui andare avanti e sempre di più a mano a mano che aumenta la loro velocità. Questa affermazione è del tutto analoga a quella di due osservatori che stanno vicini a due pali del telegrafo e ciascuno dice che il proprio palo si vede sotto un angolo maggiore di quello dell'altro.

"Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dàllo ai poveri... ; poi vieni e seguimi" (­Mt.19,21); "Chiunque avrà lasciato case, o fratelli o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna" (Mt.19,29). Queste parole delineano due forme di vita cristiana: quella comune consistente nell'osservanza delle leggi e dei precetti religiosi e quella perfetta consistente nella pratica eroica delle virtù evangeliche: povertà, castità, obbedienza.

Nelle prime comunità cristiane la verginità e la comunione dei beni avevano grande importanza nella prospettiva del distacco dal mondo. Ma fu solo successivamente al '300 d.C. che ebbe rapida diffusione il monachesimo sia sotto forma eremitica che cenobitica, in coincidenza della politica di pacificazione religiosa dell'imperatore Costantino. Essa portò al cristianesimo masse enormi di seguaci, che inevitabilmente abbassarono il livello morale delle comunità, mentre i vescovi vennero ad assumere spesso dignità e poteri terreni non sempre in accordo con i principi evangelici. In questa situazione un numero cre­scente di cristiani fuggì dal mondo alla ricerca di una rigorosa osservanza evangelica (Enc.Europea).

Pagina 2 di 6
Go to top