Origini e Storia di Blanda

Resti della cinta muraria di Blanda Resti della cinta muraria di Blanda Michelangelo Pucci

Etimo del toponimo "Blanda"

Finora autorevoli storici locali hanno fatto risalire il toponimo "Blanda" all'etimo latino "ex aere Blando" (dal clima mite). Dopo gli scavi archeologici degli ultimi decenni questa opinione ha cominciato a traballare. E' emerso  che il toponimo esisteva molto prima del periodo della dominazione romana. Sicuramente esisteva già nel periodo della dominazione lucana (IV e III sec. a.C.). Tito Livio riferisce che, nel corso della guerra annibalica, "Blanda" fu espugnata dal console Quinto Fabio Massimo nel 214 a.C. (vedi T. Livio, "Ab  Urbe Condita", libro XXIV, 20). I Lucani parlavano una lingua di derivazione osca, non il latino, di conseguenza l'ipotesi di derivazione del toponimo dall'etimo latino cade e si ripropone la necessità di cercare un altro etimo. Vi ho riflettuto a lungo fino a che mi è pervenuto fra le mani il libro di Paul Faure, "La vita quotidiana  a Creta ai  tempi di Minosse", 2018, Mondadori Libri S.p.A, Milano. In esso, nell'elenco delle 93 citta cretesi di cui parla Omero, si cita una città di nome "Blanda" (oggi Kastelli Malevyzou). Dopo questa scoperta si affaccia l'ipotesi che il toponimo "Blanda" risalga al tempo di Minosse (XV sec. a.C.).Questa ipotesi non sembra campata in aria se si considera che i Minoici navigavano per scopi commerciali per il Mediterraneo dalle coste dell'Anatolia (dove si ritrovavano altri siti denominati "Blanda") in Egitto, dalle coste siro-palestinesi a quelle siciliane e italiche dove si attestavano con insediamenti di tipo commerciale (non politico) (vedi op. citata). Non è da escludere che si siano attestati sul colle che sovrasta l'attuale Poiarelli chiamando l'insediamento "Blanda" come la patria che avevano lasciato a Creta, come è avvenuto spesso nella storia. I
l termine insediamento commerciale esclude l'occupazione del territorio per la costruzione di una colonia  con un ordinamento politico del tipo polis per uno sfruttamento economico anche agricolo del sito. L'ipotesi è rafforzata dalla coincidenza, non certo casuale, che il colle su cui fu costruiita Blanda ancora oggi si chiama Palècastro, come il centro portuale cretese menzionato da Omero, non lontano dalla Blanda cretese, che si chiamava "Palaikastro". Sul Palècastro di Tortora c'era un insediamento commerciale minoico? Solo qualche reperto archeologico potrebbe confermarlo con certezza. Nei primi anni '60 del secolo scorso in un sito non distante dal Palècastro casualmente dei privati scpersero delle tombe a cupola, come si usava a Creta, contenenti oggetti e riproduzioni di animaletti che andarono dispersi venduti in un negozio di Praia a Mare a turisti e residenti. Potevano essere significativi per il nostro scopo?


Ori
gini

Nel VI secolo A.C. gli Enotri si insediarono sul colle del Palestro (o Palècastro) costruendovi una cittadina organizzata politicamente ed economicamente. Non sappiamo come la chiamarono è probabile che conservarono il nome minoico "Blanda".
Gli scavi archeologici ne hanno messo in evidenza le tracce1, sotto di esse è stato trovato un suolo vergine, ciò dimostra che gli Enotri furono sicuramente i primi abitanti del colle.
Maggiori evidenze della loro presenza in zona vengono buona parte delle loro tombe indagate a S.Brancato in un banco si sabbia a poche decine di metri dalla strada provinciale che porta a Tortora; parte del banco di sabbia, che certamente conteneva altre tombe, era stato asportato ad uso edilizio da un escavatore. Esse rivelano una comunità abbastanza numerosa per quei tempi dominata da un gruppo di proprietari abbastanza agiati tanto da possedere grossi vasi fittili per la conservazione delle derrate alimentari, vasellame per uso domestico decorato e in così grande numero da permettersi di arredarne le tombe dei loro cari e contenitori in ceramica importati dalla Grecia e dalle colonie italiote vicine contenenti prodotti voluttuari.

 
Storia
All’inizio del IV secolo A.C. dopo un periodo di spopolamento, arrivarono i Lucani. Occuparono il Palècastro, lo fortificarono con una cinta muraria e costruirono le loro abitazioni sulle rovine di quelle enotrie. Gli scavi archeologici ne hanno messo in luce le tracce sul Palècastro e numerose tombe a cassa realizzate con lastroni di terracotta per delimitazione del perimetro e per copertura. Esse rivelano una società ben organizzata dominata da una classe abbastanza ricca di proprietari terrieri e di qualche mercante. L’arredo in vasellame fittile regge il confronto per bellezza dei decori figurati ed eleganza delle forme con quello greco e magnogreco
In questo periodo il centro sicuramente si chiamava Blanda.
Alla fine del III secolo A.C. i Lucani, alleati di Annibale, furono sconfitti dai Romani e sfrattati dal territorio, Tito Livio annovera Blanda fra le città lucane assediate dalle truppe romane.
Dopo un periodo di spopolamento, i Romani vi costituirono una loro colonia, rinforzando la cinta muraria e costruendo sulla sommità del colle gli edifici sacri, gli edifici pubblici e, attorno, le case private, divise da strade ortogonali. Gli scavi archeologici ne hanno mostrato i ruderi. In epoca augustea il centro fu rivitalizzato da un nuovo gruppo di coloni che, in omaggio a Ottaviano, al nome Blanda aggiunsero l'aggettivo 'Julia'.
L'approvvigianamento idrico per usi domestici era assicurato da cisterne rifornite dall'acqua piovana defluente dai tetti delle case. Quello per uso potabile era assicurato da fontane sorgive a polla (di forma circolare del diametro tra i 120 e i 150 cm) che bulicavano ai piedi del colle delle Crisose, in contrada Pèrgolo a poca distanza dal Mausoleo. Queste fontane non sono più visibili in quanto interrate sotto la superstrada.
La città prosperò dal I secolo A.C. fino al V secolo D.C.
 
Abbandono del Palestro
Dati archeologici attestano che nella prima metà del V secolo il Palestro fu abbandonato dopo che fu sottoposto a sacco e distrutto con molta probabilità dai Vandali in una delle loro scorrerie dal mare; i Blandani si rifugiarono sul pianoro di San Brancato dove ricostruirono l’abitato. Negli stessi anni i Vandali sottoposero a sacco e devastarono numerosi centri della costa tirrenica fra cui Roma (455). Ripresasi stentatatamente, la città quasi sicuramente fu distrutta nuovamente,  o dai Goti nel 546, o dai Longobardi negli ultimi anni intorno al 590. ma la comunità non si disperse e continuò ad occupare il territorio, sia nella zona di S. Brancato, sia nel sistema di ville o masserie sparse nell’area circostante, costituendo un centro abbastanza cospicuo, come dimostrato dalla lettera di Gregorio Magno al vescovo Felice di Acropoli del 592, dalla lapide funeraria con fronte strigliato di Cominia Damianeta, datata dagli esperti al VII sec. d.C. e dagli scavi archeologici che hanno portato alla luce, sull'orlo del pianoro di S. Brancato, i resti di una chiesa frequen-tata dal VII al XII secolo (vedi più avanti: Bizantini e Longobardi).
 
Declino e fine
Lo sparso abitato continuò a chiamarsi Blanda per tutto il periodo bizantino e longobardo, almeno fino al XI secolo, quando il sito fu abbandonato definitivamente.
Le rovine del sito del Palécastro divennero una cava di materiale edilizio in un primo tempo per le nuove costruzioni di Blanda di S.Brancato e successivamente per gli edifici del Castello delle Tortore (si vedano le quattro colonne monolitiche della chiesa S.Pietro Apostolo). La destinazione agricola del sito contribuì notevolmente a spianare completamente il colle. Le pietre meno pregiate, scavate dall’aratro, furono riciclate per la costruzione delle murate a secco di contenimento della terra delle terrazze esterne alle mura del lato ovest. I cocci in materiale fittile, a mano a mano che emergevano dal suolo, furono buttate giù per la ripida scarpata che scivola fino al fiume nel lato sud del colle.
Segue la storia analitica di Blanda attraverso i popoli che si sono succeduti nel sito.

 

Cronologia
 
550 circa a.C.    Gli Enotri sono presenti sul Palecastro e nel territorio circostante
450 circa a.C.          Crollo (distruzione?) dell’abitato e abbandono da parte degli Enotri
350 circa a.C.    Arrivo dei Lucani e loro insediamento sul Palècastro, ricostruzione di Blanda
200 circa a.C.          Cacciata dei Lucani dal territorio, crollo (distruzione?) dell'abitato 
150 circa a.C.          Inizio ripopolamento da parte di una colonia 
                              romana, ricostruzione di Blanda
70   circa a.C.         Crollo (distruzione?) dell’abitato e abbandono 
                              del sito
60-40 circa a.C.       Ricostruzione e rifondazione della colonia 
                              romana con un duunvirato
Epoca augustea:    Deduzione della colonia romana di Blanda Julia, 
                              permane il duunvirato
75 circa d.C.           Crollo parziale (da terremoto?)
75-70 circa d.C.       Ricostruzione e trasformazioni edilizie
150 circa d.C.          Crollo (da terremoto?)
150-160 circa d.C.    Parziale ricostruzione dell’abitato
260-270 circa d.C.    Impianto per la lavorazione dell’argilla
375 d.C.                 Crollo da terremoto seguito da un maremoto
375-380 circa d.C.    Ricostruzione
420-450 circa d.C.    Probabile distruzione da parte dei Vandali o 
                              dei Goti, abbandono del Palecastro
450-500 circa d.C.    Ricostruzione parziale di Blanda nel sito di 
                              S.Brancato sotto la dominazione Bizantina
590 circa d.C.          Arrivo dei Longobardi e dominazione 
                              longobarda, fuga del clero bizantino, 
                              intervento del Papa Gregorio Magno, 
                              creazione di un clero latino.
Secolo IX                Ritorno e secondo dominio bizantino che 
                              si protrae fino all’XI sec.
800 circa d.C. (seconda metà del sec.)   Hanno inizio le incursioni 
                              Saracene.
Prima metà sec.X  Abbandono del sito di S.Brancato, fine di 
                              Blanda.

                              Inizio costruzione abitato di Julitta (attuale 
                             Tortora).

Michelangelo Pucci
 

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