Con la morte di Luigi III (1434), pretendente al trono di Napoli, e della regina Giovanna II (1435) si estinse la dinastia dei D’Angiò di Napoli. La successione passò ad Alfonso D’Aragona adottato dalla regina Giovanna.

La presa di possesso del regno e il suo mantenimento da parte degli Aragonesi non fu pacifico. Già Alfonso, contrastato da ribellioni soprattutto in Calabria, fu costretto ad una guerra decennale per domare le rivolte. Solo nel 1445, con la conquista di Catanzaro, se ne poté ritenere padrone. Nel 1448 Francesco Sanseverino fu nominato Duca di Scalea.

Alla morte di Alfonzo (1458), gli succedette il figlio Ferrante, gradito al papa Eugenio IV. Ferrante dovette affrontare un’altra ribellione domata nel 1464 dal duca di San Marco Luca Sanseverino. Ferrante operò per favorire le autonomie municipali per indebolire il baronaggio.

Nel 1485-86 il regno fu sconvolto da una nuova guerra, che vide ancora la Calabria come terreno di scontro. Assegnata al duca Cesare D’Aragona le condizioni economiche della regione si aggravarono ulteriormente.

Morto Ferrante (1494), Carlo VIII di Francia invase il regno di Napoli. La guerra che seguì tra Francesi e Spagnoli vide vincitori questi ultimi (1501). Ma dopo pochi anni (1509) la dinastia degli Aragonesi si estinse e i diritti successori passarono agli eredi del regno di Castiglia, Giovanna la pazza e suo figlio Carlo, il futuro Carlo V.

Nel 1400 Tortora fu feudo di Carluccio Lauria, barone di Abatemarco, Aieta e Grisolia.
Nel 1445 il feudo passò a Tommaso Lauria. Nel 1458 Tortora e Aieta furono staccate da Abatemarco e Grisolia.
Nel 1496 il feudo di Aieta e Tortora fu donato dal re Ferdinando II a Giovanni de Montibus per servigi resi alla corona in occasione dell'invasione di Carlo VIII.

Nel sessantennio di dominazione aragonese, in contrasto con la depressione generale della Calabria, nelle terre del principe di Bisignano: Abatemarco, Bonifati, Sangineto, Tortora, furono incentivati la lavorazione dei prodotti agricoli, le vendite, gli scambi. In particolare si moltiplicarono i trappeti di zucchero, le culture del cannamele, la produzione della seta. A Tortora in particolare, fu destinata a queste produzioni la contrada ‘Impresa’, mentre i locali di Torre Nave furono adibiti alla raffinazione degli zuccheri.
Ricordo di questo periodo sono i termini tortoresi derivanti da etimi spagnoli.

                                                                                  Michelangelo Pucci

 
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