Ti vàli cchjù na bbòna numinéata ca cìendu ducòati!

Ti vàli cchjù na bbòna numinéata ca cìendu ducòati! - Ti vale più il buon nome (fama, onore) che cento ducati!

 

E’ il concentrato di una morale perbenista. Il ducato, moneta veneziana coniata per la prima volta nel 1202 dal doge Enrico Dandolo in argento (32 g.), coniata in oro ( 3,56 g., circa 84 dollari attuali) dal doge Giovanni Dandolo nel 1284. Sul recto recava l’effigie del doge inginocchiato nell’atto di ricevere il vessillo da S.Marco. Al verso era raffigurato il Cristo in una mandorla di stelle con la scritta: Sit tibi Christe datus quem tu regis iste ducatus (da cui il nome di ducato). Fu coniata fino al 1797. Fu la moneta d’oro internazionale nel Medioevo, poi imitata altrove anche in Oriente fino in India.

A parte il valore reale e nominale, nell’immaginario popolare il ducato era la moneta per eccellenza di grande valore. Dire cento ducati significava riferirsi, metaforicamente, ad una somma favolosa, ad un patrimonio.

Di qui il valore morale del detto che vuol collocare il buon nome al di sopra di qualsiasi ricchezza. Ma, si sa, il danaro ha tentato sempre e tenta ancora oggi le persone di qualunque ceto ed età, cosa che ha indotto ed induce molti a compromessi più o meno scoperti a danno del proprio onore e buona fama.

Il ridicolo o il tragico, secondo i punti di vista, copre quelli che, mentre cedono spudoratamente alle tentazioni del facile guadagno, pretendono rispetto e buona considerazione dagli altri come se fossero rivestiti della candida veste dell’onestà.

                                                           Michelangelo Pucci

 

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