Fonti
Le fonti sono molteplici, concordi nelle veridicità dell’evento con qualche disparità in alcuni particolari. Sono:
1 – La concorde tradizione popolare tortorese: le persone anziane, alcune delle quali testimoni oculari, erano solite raccontareil fatto ai figli, ai nipoti, ai giovani. Il sottoscritto l’ha sentito ripetere dai nonni a loro volta ascoltato dai loro genitori testimoni oculari.Questa fonte è sicura sulla veridicità della notizia ma non è affidabile sulle modalità e sui particolari del fatto per la perdita o l’aggiunta di dati proprie della trasmissione orale.
2 – L’opera Memorie Storiche di Tortora del prof. Amedeo Fulco, (Rubettino, Soveria Mannelli, 2002, pag. 129 e segg.) che ha raccolto e messo per scritto la tradizione popolare. La riporta ricca di particolari esaltandola in maniera enfatica e non si distingue dove arriva la pura tradizione e dove cominciano i suoi pur lodevoli apporti personali. Egli riporta tra l’altro due episodi: l’incontro in località Carro di Garibaldi con il pastorello Paolo Maceri e l’episodio del notaio Marsiglia.Questi due episodi possono essere ritenuti certi della veridicità dei fatti ma non di alcuni particolari in contrasto con la fonte costituita dal Diario di Bertani da ritenere più sicura essendo Bertani amico, consigliere e testimone e attore degli avvenimenti. .
3 – L’atto della Società Operaia “Silvio Curatolo” di Aieta del 2 luglio 1882 (riportato in Celico – Moliterni, Un intellettuale da riscoprire, La Vita e le opere di Pietro Lomonaco Melazzi, Grafiche Zaccara, Lagonegro, pag. 16 dei Discorsi) in cui è registrato il discorso dell’aietano don Pietro Lomonaco, tenuto per commemorare la morte di Garibaldi avvenuta il 2 giugno 1882, nel quale testimonia che ”l’eroe era stato ospite del fratello don Biagio Lomonaco Melazzi, abitante a Tortora, il 3 settembre 1860 in occasione del suo passaggio per raggiungere il mare”. Anche questa fonte è sicura sul fatto ma pecca sul particolare del numero e dei nomi delle persone che accompagnarono Garibaldi.
4 – Diario di Agostino Bertani riportato da Jessie White Mario, in Agostino Bertani e i suoi tempi, Tipografia Barbera, Firenze, 1888, pagg.455-456.
5 – Agostino Bertani, L’epistolario di Giuseppe La Farina – Ire politiche d’oltre tomba, Tipografia di G. Polizzi e Co, Firenze, 1869, pag.71 e segg. (opuscolo di Bertani di risposta all’Epistolario di G. La Farina).
6 – George Macaulaiy Trevelyan, Garibaldi and the Making of Italy, Fargotten Books, Longmaans, Gressn and Co, 1911, pag 157Queste ultime tre opere sono da ritenersi affidabili nella loro interezza perché fondate sul Diario di Agostini Bertani, medico, compagno e consigliere di Garibaldi che prendeva nota ogni giorno del procedere della spedizione dei “Mille” raccolte poi nel “Diario”.
7 – Biglietto di Giuseppe Garibaldi al suo generale Turr riportato in Edizione Nazionale degli Scritti di Giuseppe Garibaldi, vol.11, Epistolario, vol. 5, 1860 (a cura di Massimo De Leonardis), Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Roma, 1988, pag. 229. Di sicura veridicità in quanto ne è autore lo stesso Garibaldi.
8 - E' esistito un biglietto di Garibaldi del 7 febbraio 1875 da Roma, di cui circola qualche fototocopia, nel quale egli attesta la sua amicizia nei confronti del destinatario ma non il loro incontro a Tortora. Nel biglietto si legge: 'Caro Melazzi - Grazie per la vostra del 1° e per il gentile ricordo, salutatemi il fratello e ricordatemi sempre. Vostro G. Garibaldi' (8). come si vede, nel biglietto non vi è alcun riferimento all'evento del 3 settembre 1860, ma uno scarno cenno ad un 'gentile ricordo' che potrebbe essere riferito a qualsiasi cosa o avvenimento, vi è, più semplicemente, il richiamo ad una precedente lettera di don Biagio Lomonaco a Garibaldi nella quale gli significava che lo ricordava ancora.
9 - Un altro scritto, in possesso di Floris Lomonaco, attesterebbe la sosta di Garibaldi a Tortora in casa Melazzi Lomonaco il 3 sett.1860. (9) Nel biglietto si annota: "Giuseppe Garibaldi, di passaggio alla conquista di Napoli, il 3 Settembre 1860, onorò colla sua dimora questa casa. A tanto uomo, il mondo intero s'inchina". Anche in questo caso non possiamo dire di trovarci sotto gli occhi un documento storico, ma piuttosto un testo pubblicitario che riprende la tradizione orale; il biglietto potrebbe essere stato scritto in qualsiasi data dagli eredi di don Biagio Lomonaco o da qualsiasi altro personaggio, probabilmente negli anni '40 o '50 del 1900 a scopo di vanto o di pubblicità, un cartello esplicativo da affiggere nel salotto ad utilità dei visitatori della casa.
Tabella oraria del passaggio di Garibaldi per Tortora
- a due ore dall’alba – passaggio di Garibaldi per il passo del Carro, secondo la testimonianza di Paolo Maceri, raccolta dalla sua bocca da Amedeo Fulco personalmente e riportata nell’opera citata;
- ore 10:30 di mattina – arrivo a Tortora Centro;
- ore 14 - imbarco nei pressi del promontorio della Gnola di Castrocucco di Maratea.
Approfondendo l’analisi di questa tabella oraria notiamo subito che più di una cosa non quadra: Essa non è compatibile con i tempi necessari per percorrere le distanze tra i luoghi indicati, collegati allora da sentieri impervi ed erti.
* I diario di Agostino Bertani, compagno inseparabile e spesso consigliere di Garibaldi, riportato da Jessie White Mario[1] in “Agostino Bertani e i suoi Tempi – ed. G. Barbera – Firenze 1888, pag. 455-456, nel quale l’autore riferisce:
* Il libro di Agostino Bertani – “L’epistolario di Giuseppe La Farina – Ire politiche d’oltre tomba – Tipografia di G. Polizzi e CO – Firenze 1869 – pag. 71 e segg. (questo opuscolo del Bertani è, appunto, la risposta dell’autore all’Epistolario di G. La Farina).
* L’opera di George Macaulay Trevelyan - Garibaldi and the Making of Italy - Forgotten books - ed. Longmans, Green and CO – 1911 pag. 157, nella quale l’autore riferisce la partenza del gruppo di Garibaldi da Rotonda, il loro percorso, per un tratto lungo la valle del Lao, e come “fuori della valle del Lao scalarono ancora una volta la parte più alta delle montagne, nella mattina del 3 settembre raggiunsero la costa ad un certo punto non lontano da Tortora e Maratea”. Questo attesta che il gruppo ad un certo punto, dopo Laino, abbandona la valle del Lao per salire le montagne. Ma l’unica mulattiera che da Laino porta al mare è quella che sale al passo del Carro e attraversa il territorio di Tortora e lo stesso paese.
* In un altro documento Garibaldi dichiara di essere sbarcato a Sapri il 3 settembre 1860 alle ore tre e mezza pomeridiane. Si tratta di un biglietto in cui Garibaldi comunicò a Stefano Türr «Sapri 3 settembre 1860. Generale Türr, sono qui giunto alle 3 ½ pom. …” - “Edizione nazionale degli scritti di Giuseppe Garibaldi”, vol. 11, Epistolario. Vol. 5: 1860 (a cura di Massimo De Leonardis), Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Roma 1988, p. 229).
Da Rotonda a Tortora a Sapri
A Rotonda
Garibaldi era arrivato a Rotonda il 2 settembre con la colonna del gen. Cosenz, aveva fretta di giungere a Napoli il più presto possibile, ma, a bloccargli la strada, a Castelluccio era attestato un contingente di 3.000 soldati borbonici agli ordini del gen. Caldarelli. In conformità alla politica adottata da Reggio Calabria in su, Garibaldi non aveva interesse a forzare il passo, atto di forza che sarebbe costato una inutile perdita di uomini e spreco di armamenti da ambo le parti. Ma 'mirando a non lasciare entrare quella truppa e quei cannoni a Salerno'1, egli progettava di arrivare al disarmo dei borbonici attraverso due vie congiunte o alternative: attraverso la corruzione del comandante e/o attraverso la dissuasione per accerchiamento. Intanto che le trattative fra i garibaldini e i borbonici del gen. Caldarelli approdassero alla resa di questi ultimi e alla loro adesione alla causa unitaria1, Garibaldi pensò di accelerare l'accerchiamento con i corpi che convergevano via mare a Sapri. Per procedere più velocemente in direzione di Napoli, egli aveva bisogno di congiungersi a loro via mare il più rapidamente possibile. A Rotonda fu accolto da don Bonaventura de Rinaldis e fu ospite della famiglia della vedova di Berardino Fasanelli. Una de Rinaldis era sposa di don Francesco Maceri, figlio di don Biagio Maceri, uno dei notabili più in vista di Tortora che tifava per la causa garibaldina2.
A Tortora
Per raggiungere il mare don Bonaventura gli consigliò di risalire da Laino la valle del fiume Iannello seguendo la mulattiera fino al passo del Carro e di qui discendere la valle della Fiumarella lungo la mulattiera fino a Tortora, dove avrebbe trovato un ambiente favorevolepreparato da don Bonaventura; un corriere con una lettera per Don Biagio Maceri l'avrebbe preceduto nella notte, da Tortora avrebbe potuto raggiungere il mare. Accettato il piano, Garibaldi, accompagnato dai fedelissimi Cosenz, Bertani, Rosagutti, Nullo, Basso e Gusmaroli, partì da Rotonda nella tarda serata, intorno alle 20:301; forse nel timore di una qualche imboscata lungo la mulattiera solitamente frequentata dai locali, i sette misero in atto una manovra diversiva, fingendo di seguire per un tratto il corso del fiume Lao, presero ad un certo punto dei sentieri secondari salendo su per le montagne6 fino a raggiungere i Piani del Carro intorno alle ore 5:45 una mezz'ora circa prima della levata effettiva del sole nel nostro contesto orografico (ore 6:20). Qui, incerti sulla via da prendere per Tortora, chiesero informazioni ad un pastorello: Paolo Maceri, che fino a tarda età avrebbe ricordato e raccontato i particolari dell'incontro a chiunque fosse stato disposto ad ascoltarlo2. La mattina, intorno alle ore 8, il gruppo arrivò a Tortora dove trovò ad acclamarlo la schiera dei notabili, le autorità comunali e la folla dei paesani vestiti a festa organizzati e istruiti dai loro padroni. Era lunedì 3 settembre 1860. Dopo un discorso di benvenuto da parte di don Biagio Maceri, tra due ali di popolo festante e osannante, il gruppo di Garibaldi e quello dei notabili raggiunsero la casa dei Melazzi-Lomonaco in fondo al paese, dove Garibaldi e suoi sostarono per riposarsi e rifocillarsi2. Le fonti non ci dicono se la sosta del Generale sia costata la consegna della cassa comunale, secondo il suo costume, documentato in più casi, di svuotare la tesoreria dei paesi di passaggio della truppa, ma è ragionevole pensare di sì, perché egli non si accontentava delle sole parole di adesione, questa doveva concretizzarsi o con il contributo in uomini o con quello finanziario5.
A casa Lomonaco-Melazzi
Alla Secca di Castrocucco
Dopo la breve sosta di poco più di un paio d'ore a Casa Lomonaco, Garibaldi,a metà mattinata verso le ore 10, partì da Tortora prendendo precauzionalmente in ostaggio Domenico Marsiglia, giovane figlio di don Francesco Marsiglia, percorrendo la mulattiera che tuttora scende alla marina attraversando le contrade San Brancato, Crisose e Castrocucco. Qui giunto alle ore 11 circa, liberò l'ostaggio e, in attesa dell'imbarcazione, sostò nella casa-torre della Secca, ospite della famiglia Labanchi. Intorno alle ore 11:30 si imbarcò nel porticciolo che si apre ai piedi della casa-torre.
Da Sapri a Napoli
Costeggiando al largo delle scogliere di Maratea e di Acquafredda, a bordo di una piccola barca spinta da due rematori, nel pomeriggio sbarcò a Sapri alle ore 15:303 unendosi ai contingenti sbarcativi nei giorni precedenti, fra i quali quello dei 1500 del gen. Turr1, sbarcatovi il giorno prima da Paola. Dopo aver pernottato tra il 3 e il 4 settembre a Vibonati in casa De Nicolellis, la mattina del 4 settembre, passando per Casaletto Spartano, Tortorella e Battaglia, attraverso il passo di monte Cucuzzo giunse e sostò alla taverna del Fortino, dove nel 1857 aveva pernottato Carlo Pisacane. A sera si fermò e pernottò a Castelnuovo (oggi Casalbuono) ospite della famiglia di Raffaele Sabatini. La mattina del 5 settembre si fermò fugacemente a Sala Consilina. Il 6 settembre fu a Salerno e l'otto settembre raggiunse Napoli5.
Motivi della deviazione per Tortora e Sapri
La deviazione per Tortora e Sapri fece parte di una strategia che mirava allo scopo politico di giungere a Napoli prima dell'arrivo di Vittorio Emanuele II. Egli sapeva che l'Armata Sarda, agli ordini del gen. Cialdini, era già attestata sul confine dello Stato Pontificio in attesa di marciare verso sud; se l'esercito piemontese fosse arrivato per primo a Napoli egli avrebbe perso il vantaggio politico che gli derivava dalla conquista della Capitale del Regno nella sua qualità di Dittatore dello Stato Napoletano, in vista del futuro suo e dei suoi garibaldini. Al fine di giungere a Napoli per primo, Garibaldi studiò due manovre: 1) quella di aggirare l'ostacolo, rappresentato dal corpo dei 3.000 borbonici agli ordini del gen. Caldarelli, che avrebbe potuto frenare la sua marcia; 2) di sbarrargli strada al passo del Fortino (in territorio di Battaglia), poco più a nord di Lagonegro. I borbonici però si dispersero prima e tornarono alle loro case per reazione al loro comandante, gen. Caldarelli, che voleva farli passare ai garibaldini4.
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1 Jessie White Mario in “Agostino Bertani e i suoi Tempi – ed. G. Barbera – Firenze 1888, pag. 455-456
2 Amedeo Fulco – Memorie storiche di Tortora – Rubettino – Soveria Mannelli 2002, pag. 129 e segg.
3 Edizione nazionale degli scritti di Giuseppe Garibaldi, vol. 11, Epistolario. Vol. 5: 1860 (a cura di Massimo De Leonardis), Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Roma 1988, p. 229)
4 Franco Apicella in 'Garibaldi. la consegna dell'Italia meridionale a Vittorio Emanuele' in
www.paginedidifesa.it
vedi pure: http://www.pisacane.org/documenti/1860/Arrivo%20di%20Garibaldi%20a%20Sala.pdf).
5 R. Finelli - 150 anni dopo - ai quaranta all'ora sulle tracce di Garibaldi - Incontri Editrice - pag. 154 e segg.
6 Agostino Bertani – Ire politiche d’oltre tomba – Tipografia G. Polizzi e CO. – Firenze 1869, pag. 71
7 George Macaulay Trevelyan– Garibaldi and Making of Italy – ed. Longmans, Green and CO. 1911, pag. 157
8 G.Celico – Santi e briganti del Mercurion – Editur Calabria 2002, pag. 372
9 E. Orrico – Giuseppe Garibaldi alloggiò a Tortora … - Gazzetta del Sud, 12 febbraio 2011