Il cippo del monumento a M.Arrio

Cippo del monumento a M.Arrio Cippo del monumento a M.Arrio M.Pucci

 Si tratta di un pilastro monolitico in pietra calcarea, lavorato con base e capitello, alto 150 cm, largo 54 cm. . Gli esperti lo datano intorno alla prima metà del I secolo d.C.

Reca un’iscrizione celebrativa con la quale i cittadini del Municipio, autotassandosi, fanno costruire e, dietro decreto dei decurioni, fanno collocare nel foro il monumento a M. Arrio Climeno, duumviro della città, per ringraziarlo di aver elargito granaglie al popolo in occasione di una carestia. L’iscrizione è incisa sulla faccia anteriore del cippo in un piano incassato.

La sommità del cippo è predisposta per l’incastro del busto di Arrio, andato disperso, probabilmente in bronzo.

Sul lato destro lo spigolo è sbrecciato per l’azione della benna del mezzo meccanico che nel 1970 lo disseppellì casualmente nell’atto di effettuare lo scavo della trincea per la posa dell’acquedotto.

La foto riportata fu da me scattata in prossimità dell'angolo Nord-Ovest del Palestro accanto allo scavo dell'acquedotto a poca distanza dal pozzetto di cemento dello stesso negli ultimi giorni di aprile del 1970, la stampa riporta la data Mag. 70 sul margine.

Per sottrarlo ad una asportazione illecita, l’amministrazione di quell’epoca lo fece prelevare e portare in paese dove fu custodito per qualche tempo nella cappelletta votiva della madonna sotto il monumento dei caduti.

Ritirato per conto della Soprintendenza Archeologica della Calabria, fu restituito al Comune che, attualmente, lo custodisce nella Sala Consiliare.

Il cippo, pur non dimostrando inconfutabilmente che la città sul Palèstro fosse Blanda, prova che lì aveva sede un Municipium romano retto dai magistrati propri di una colonia romana. Gli scavi successivi lo confermeranno.

Si riporta il testo dell'iscrizione riportato da F. La Torre in 'L'alto Tirreno Cosentino: storia, topografia e archeologia' pag. 70.

M(arco) ARRIO M(arci) F(ilio) POM(ptina) CLYMENO II VIR(o) Q(uin)Q(uennali) Q(uestori) P(ecuniae) P(ubblicae) POPULUS EX AER(e) CONLATO OB MUNIFICENTIAM EIUS POSUIT QUOD EIS ANNONAM GRATUITAM DE SUO PRAEBUERIT OB CUIUS DEDICATIONEM EPULUM DIVISIT IN DECURIONIBUS HS VIII N AUG(ustalibus) HS VI N POPULO VIRITIM HS IIII N MULIERIBUS HS II N 


L(oco) D(ato) D(ecreto) D(ecurionum) 

Traduzione: A M. Arrio Climeno di M. Figlio (inscritto nella Tribù) Pomptina Duonviro Quinquennale Questore del Denaro Pubblico il Popolo con Denaro Raccolto per la Sua munificenza Pose Poiché egli a Tutti Aveva Offerto un Gratuito Approvvigionamento di Frumento Per la Quale Dedica un Banchetto Distribuì ai Decurioni Sesterzi 8 Nummi Agli Augustali Sesterzi 6 Nummi Al Popolo a ciascun (uomo) Sesterzi 4 Nummi alle Donne Sesterzi 2 Nummi 

L
uogo Concesso per Decreto dei Decurioni

Personalmente ho delle forti perplessità sull'interpretazione, da parte dell'autore citato e di altri, di M.Arrio come Marco Arrio . Il nome Marcus era comune a Roma e nelle regioni di lingua latina. Nelle altre regioni italiche, come quella lucana cui apparteneva la tribù Pomptina, erano in corso altri nomi con l'iniziale 'M', per esempio 'Marcincus' o 'Mamortius' o altri. Questo Arrio non era un romano, ma un italico, quindi è altamente improbabile che Arrio si chiamasse Marco.

Tortora è corrente l'espressione: 'stéaji cùmi nu mamùozziu' rivolgendosi a una persona immobile e muta che non partecipa alla conversazione. Essa potrebbe risalire all'epoca romana di Blanda quando la gente si riuniva per parlare nel foro dove campeggiava la statua di Mamorzio che restava immobile e muta, qualsiasi cosa i conversanti dicessero.

Michelangelo Pucci
  

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