trappitéaru

Struttura:lu trappìtu era costituito 1) da uno o più locali; 2) da una vasca a tronco di cono rovesciato;

3) dalla macina, una ruota litica dello spessore di circa 50 cm. con foro centrale, fissata a mezzo di un mozzo a un robusto palo ruotante, imperniato a sua volta inferiormente al centro della vasca e superiormente ad una trave al soffitto; 4) una pressa a vite lignea o metallica; 5) fiscoli e cerchi metallici; 6) vasche di raccolta e decantazione del prodotto della spremitura; 7) locale di deposito della sansa.

Attrezzi: la màcina, lu tòrchju, li fìsc’culi, li dìschi, li quadéari 

Funzionamento del ‘trappìtu’
Nel ‘trappitu’ la forza motrice era rappresentata per la rotazione della macina da un equino, raramente il mulo, frequentemente l’asino. Aggiogato ad una sbarra lignea collegata al palo verticale che reggeva la macina, l’animale, bendato, camminava attorno alla vasca provocando la rotazione del palo stesso e della macina. Prima operazione:un operaio versava le olive nella vasca dove la macina le frantumava fino ad ottenere un pasta color castagna. Seconda operazione: un operaio reggeva i fiscoli tenendoli aperti per il foro centrale; un altro operaio prelevava la pasta di olive dalla vasca con una pala e la distribuiva all’interno dei fiscoli fino al loro riempimento. Terza operazione: un altro operaio impilava i fiscoli nell’asse della pressa alternandoli con i dischi metallici; idratando ogni tanto con acqua calda la pila, più operai eseguivano la pressatura servendosi come leva di un palo infisso nel meccanismo ad ingranaggi della pressa provocando la fuoruscita del liquido misto di acqua e olio, che, attraverso un’apposita canalizzazione, confluiva nelle vasche di raccolta. Quarta operazione: dopo la decantazione, prelievo dell’olio galleggiante sull’acqua con appositi piattini metallici e sua raccolta in grandi marmitte (quadéari). Quinta operazione: dopo una seconda decantazione, travaso dell’olio in grossi bottiglioni di vetro (‘pirétti’) o in recipienti cilindrici in lamiera con coperchio (‘nzìrri’).

I ‘trappìti’, nel regime feudale, erano di proprietà del feudatario che in questo modo controllava la produzione e aveva la possibilità di riscuotere il ‘terrage’ o diritto di prelevamento di una parte dei prodotti agricoli, in questo caso di una parte dell’olio. In regime postfeudale erano di proprietà delle famiglie dei notabili, che, monopolizzando il servizio, riscuotevano un compenso o in danaro o in natura sotto forma di una parte dell’olio spremuto.  

Attività: spremere le olive per ricavarne l’olio.

Michelangelo Pucci



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